Non a tutti piacciono gli arbusti.
Sara Gavazzi
“Ma quest’anno l’albero come si fa?!”
Inizia sempre così il mio Natale. Il vivaio si riempie di alberi natalizi. Picea e Abies occupano le prime file. E, come nel più classico dei film, arrivano le famiglie in cerca del loro. Ma perché addobbiamo un albero? I miti nordici capaci di rispondere a tale domanda sono tanti, antichi e spesso poco attendibili. Tuttavia, alla base di ciò, sicuramente vi è la comune usanza di riconoscere l’albero come qualcosa di sacro, un simbolo universale di vita. E, per rafforzare il messaggio, a Natale c’è proprio un sempreverde, come l’abete per l’appunto. Eppure l’unica cosa che conta quando si sceglie il proprio albero di Natale è che ci piaccia. Che sia un abete, un peccio, un tiglio, un olivo o qualsiasi tipologia di bonsai, non è importante, alla fine, serve solo che ci riscaldi e ci illumini. Il metodo migliore perché ciò avvenga me lo insegna nonna da tempo. Poche semplici regole. Che si addobbi a caso o con minuzia, in compagnia o da soli, ballandoci attorno o litigando un po’, basta: Sceglierlo. Costruirlo. Ammirarlo. Prendersene cura. (Magari) Ripiantarlo finite le feste. Crescerci insieme. E fissare con lui un appuntamento per l’anno prossimo. Bello, no?
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AutoreSara Gavazzi Categorie
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